venerdì 23 dicembre 2011

Scritto di (non)Amore.

SEX AND THE CITY-RIFLETTENDO.

E' l'amore giusto se ti logora fino a non provare più emozioni?

Carry potrebbe porsi una domanda del genere, poi banalmente rispondersi che è l'amore sbagliato, poi banalmente scivolare nelle lenzuola di un nuovo amore, senza troppi struggimenti.
Ma lei vive a New York city, è single fino al midollo, e, soprattutto, lei è un personaggio di fantasia.
Io sono vera, non scivolo nelle lenzuola facilmente, piuttosto mi corrodo fino a non sentire più, non vivo a New York city, anzi nel suo esatto anti-doto.
Mi rifiuto di sentire altrimenti perirei. Ho perito, e sinceramente, fa troppo male per riprovarci.
Che l'amore fiabesco sia un'illusione massonica inventata da Disney, questo è ovvio, "ma devo davvero sentirmi così ogni volta che qualcuno dice di amarmi?".
Credo che questa domanda, oltre ad essere di un'ovvietà spiazzante, sia anche una delle più gettonate fra le domande senza alcuna risposta, seconda solo a: “Qual'è il senso della vita?”. La terza in scaletta è "morirò solo?".
Allora,
procedendo razionalmente direi che: alla domanda “Qual'è il senso della vita?”
Io, un senso, del tutto personale, gliel'ho dato.
Cioè,
miliardi di milioni di persone per circa duemila secoli si sono risposti con una farsa, dio. Questo li aiuta, perlomeno gli fornisce la risposta che tanto bramano.
Che poi nella loro risposta ci siano centinaia di dogmi inspiegabili, poco gli importa.
Io sono atea, e per me il senso ultimo della nostra esistenza sta nell'evoluzione. Siamo qui perché l'evoluzione biologica ha portato a noi, quella tecnologica a tutto quello che abbiamo intorno. Ma, un giorno tutto finirà, il mondo imploderà e ciao ciao. Non mi pongo ulteriori domande a riguardo, poiché giudico il restante “senso” della vita puramente soggettivo.
Eccomi quindi giunta al secondo impossibile interrogativo: “ma devo davvero sentirmi così ogni volta che qualcuno dice di amarmi?”.
La risposta è: certamente. Devo, devono, dovete sentirvi tutti così. Perchè? Perché l'amore non basta, servono conoscenza, complicità, comprensione e sacrificio. Ma questi arrivano col tempo, ogni tanto mancano e talvolta non bastano neppure loro. Ma se trovi quella persona che ti fa sperare, solamente, di riuscire a comprenderla, hai fatto BINGO!
FINO ALLA FINE DEI TEMPI. AMEN.

giovedì 15 dicembre 2011

HOWEVER FAR AWAY.

Lontananze,
che come ogni cosa assumono un valore non opinabile, questo perché le traduciamo in numeri, chilometri, passi, miglia, ore. Traduciamo qualsiasi cosa in numeri. L'essenza dei nostri rapporti si limita alla mera misurazione di essi.
“Ci vediamo fra tre ore”- “Ci conosciamo da 10 anni”- “Fra 20 chilometri sono arrivata”-
In queste frasi c'è contenuta l'attesa, la confidenza e la mancanza.
Perché le misuriamo? Perché le rendiamo sterili numeri?
Linguaggio e matematica sono inopinabili, in quanto convenzioni. Ma sono opinioni, giuro.
Quaranta è un numero minuscolo se ad esempio contiamo le cellule di un corpo, un numero notevole se è l'età di una donna single, enorme se è il numero delle persone con le quali sei stata a letto a 20 anni.
Eppure è lo stesso numero, la sua valenza cambia a seconda del contesto, un po' come una “s”.
La “s” tra due vocali è sonora, musica. La “s” geminata è sorda, sassolino.
Convenzioni, noi siamo convenzioni. Pensate. Se non sei in grado di spiegare qualcosa, non la conosci, o non conosci il modo convenzionale per renderla?
Ogni segno, suono che noi produciamo attraverso parola e scrittura diventa una proiezione del nostro pensiero. Noi siamo una convenzione. La lontananza non è un numero, è una condizione.
Per esprimerci meglio dovremmo stare un po' più zitti e guardarci di più, however far away.

venerdì 21 ottobre 2011

Verso Maya.

C'era una volta una ragazza che amava i Beatles e i Rolling stones, odiava Gianni Morandi, ma citava tutto.
Parlava estrinsecando le emozioni interiori attraverso un mondo ricevuto, e ricreato. Per questo amava il cinema. Accettava il tempo esclusivamente come circolare, immaginava molto, empatizzava tutto. Si sentiva diversa, e come un fiume in piena raccontava e citava quelle immagini viste come se fossero la sua vita, senza che nessuno se ne accorgesse. Come se, la difficoltà dell'accettazione per le proprie disgrazie le imponesse il paragone. Ma non c'era nessuno a cui paragonarsi. Allora diveniva di volta in volta una canzone, un film, un quadro, un filosofo. Trascendeva se stessa, per non esser sola, in quell'inferno di carne, ossa e sangue.
Era una persona particolare, difficile da capire. Neanche lei sapeva bene chi fosse. Si scopriva scoprendo gli altri e le loro espressioni artistiche, che poi sono anche civiche e se vogliamo psicologiche.
Il mondo degli altri in qualche modo la riguardava e la descriveva. L'urlo esasperato, allo stesso tempo spaventato e fragile di Munch, era come uno specchio a volte. La volgarità e la misantropia di Bukowski la rincuoravano. La perfezione stilistica e la comunicazione allegorica di Dante non la facevano sentire pazza. Il dolore lancinante de La prima cosa bella di Virzì era per lei catartico ed espiatorio. Le parole di De Andrè musicavano i suoi pensieri. Allora si esprimeva attraverso le uniche cose che gli somigliavano veramente, e si sentiva meno sola.
Avrebbe voluto essere un po' più se stessa, ma era troppo complicato. Tutti hanno bisogno degli altri, ma nel prossimo (inteso come vicino di casa, amico, compagno) lei non ritrovava se stessa.
Si attaccava così visceralmente alle sue passioni, che quelle poi non erano più ostentazione o dimostrazione di un sapere, erano pura estensione dell'essere.
Se tutti fossero come quella ragazza, forse non ci sarebbero più spocchiosi, esseri mitologici e profondamente umani, e forse, non esisterebbe neanche l'arte contemporanea, ad esclusione della pop art.

Lei aveva oltrepassato il limite, aveva squarciato il velo.

mercoledì 12 ottobre 2011

VUOTO.

C'è chi parlava di pessimismo cosmico, chi di natura matrigna, chi di pendoli e appagamento, c'è chi razionalizzava tutto. E' esistito addirittura qualcuno che uccideva dio,qualcuno che lo negava, altri si confessavano a lui. Persone che hanno costruito strutture e sovrastrutture. C'è chi dormiva scrivendo, chi capiva sognando.
Discettare di altri è semplice.
Discettare con gli altri è difficile.
Io preferisco la prima, e ringrazio. Ringrazio chi me l'ha permesso.
Ringrazio il gossip, la tv, lo show della cronaca nera.
Ringrazio la bruttezza dei manuali, troppo ingombranti per poter piacere, dalla dialettica troppo serrata per poterli capire. Io sono pigra, pensare è oneroso, l'hanno fatto in tanti, hanno detto tutto, lo scibile è infinito, ma la mente umana no.
Il progresso ha aumentato la vita, ingrandito i corpi, le case, le strade e le città, ma mignonizzato (neologismo) il cervello. Io ringrazio. Non c'è più sforzo ad esser intelligenti, non c'è più lotta alla conoscenza.
Percepisco il vuoto e un po' mi fa schifo, ma i manuali sono brutti e la gente non li vuole.
Allora mi chiedo, a che serve il macketing, se ha creato il vuoto.

In ordine di “apparizione”: Leopardi, Shopenauer, Hegel. Nietzsche, Feuerbach, Sant'Agostino. Marx. Breton, Freud.



Il vuoto affascina, è ammaliante nel suo non essere. Esso empiricamente non esiste, razionalmente è inafferrabile, ma c'è. E' la nostra ombra, è il tarlo che ci ammonisce di non rinunciare all'opulenza, altrimenti arriverebbe la sua antitesi, lui, il vuoto.

giovedì 16 giugno 2011

Forza centrifuga.

Mi brucia lo stomaco, mi si annebbiano i ricordi.
La testa vola in eremi affollati, montagne scottate dal sole invernale. Attraversa mari dolci e laghi salati.Corre verso fiumi infiniti e sopra stelle ghiacciate.
Se chiudo gli occhi lacrimo, mi sale il reflusso, vomito.
Se mi gratto sanguino.
Se dormo mi sposo.
Se cammino cado.
Il telefono squilla. Sempre. Squilla. Io chiamo solo a vuoto, nessuno mi risponde.
Possiedo solo un cumulo di interrogativi.
Gli eremi sono sempre più affollati e mi scoppia la testa. Le montagne più afose, il mare è tondo e i vortici mi assorbono. Nel lago ci sono gli squali ma Spielberg non c'è. Sulle stelle ho freddo e non ci sono fiori.
Mi brucia lo stomaco, mi vibrano i nervi. Ho un attacco di vertigini. Vomito.
Scendo dalla macchina e non so dove sono. Squilla il telefono, ma io non ho più voce.
Il sole albeggia da ovest. Strano la PFM diceva diversamente.
Mi addormento.
Volo verso eremi solitari, montagne innevate, mari infiniti pieni di spuma salata. Attraverso laghi vulcanici, il fiume inizia e sfocia. Una stella m'illumina.
Mi è tornata la voce, chiamo e mi rispondono. Non lacrimo più. Non sanguino, perchè non ho prurito.
La forza centrifuga mi tiene salda. Sotto di me c'è il vuoto ma la fisica impedisce che ci cada.
Se il mondo dovesse fermarsi precipiterei. Ma non si fermerà, Locke si sbagliava. La catena causa-effetto esiste, il mondo gira, sempre. Io non precipito. Certo la pressione è forte, ma chissà cosa accadrebbe nel nulla.



Il sole come sempre sarà.

sabato 21 maggio 2011

RINNOVARE IL SANGUE FA BENE.

Non sono arrabbiata, neanche un po', proprio per niente. Strano per me.
Sono solo esasperata.
Mi hai esasperato. Ci siamo chiesti, dati e detti tutto.
Io e te siamo stati l'universo, in esso nulla si crea nulla si distrugge ma tutto si trasforma.
Ci siamo trasformati in tutto. Mi sono resa niente.
Ci manca solo sull'ultima metamorfosi. L'assenza.
Devo non esserci per riprendermi dall'esasperazione. Devo uccidere quel che di te rimane in me, per risorgere. Perchè tu sei in me, e sei me.
Uccidendoti, mi ammazzo.
Sto sanguinando. Sanguino dai polsi, dalla bocca, dagli occhi, dalle dita, dalle gambe. Sanguino in ogni parte dove sei stato, nelle parti che hai guardato, da ogni angolo che hai amato. Sanguino talmente tanto che mi sento mancare. La tua assenza mi fa svenire. Rinnovare il sangue fa bene. Si rinnova eliminando le tossine che t'inquinavano, annichilivano, trasformavano.
Mentre svengo, mi sento meglio. Le tossine sono sul pavimento, ora non m'inquinano più.
Sto svenendo nel mio sangue pieno di tossine.
Io e te siamo stati l'universo, in esso nulla si crea nulla si distrugge ma tutto si trasforma.
Ci siamo trasformati in tutto. Mi sono resa niente.
Ci manca solo l'ultima metamorfosi. L'assenza.
In essa tornerò me. Arginerò l'esasperazione. Riassaporerò l'odore di un sorriso.
Svengo.

venerdì 20 maggio 2011

Nell'oblio mi sento libera.

Niente ricordi.
Nessuna identità.
Niente volti.
Nessuna abilità.
Niente usi.
Nessun costume.
Solo odori.
Odori conservati di effluvi percepiti.
Niente volti.
Nell'oblio mi sento libera. LIBERA tanto da non poterlo definire a parole, per quanto è vero. Nessuno si concentra mai sulla libertà da se stessi. Tendiamo sempre a ritenerci liberi da qualcuno o qualcosa. Dallo stato, dalle leggi, dai partiti, dal lavoro, da un uomo, da un'ossessione. Non pensiamo mai di liberarci di noi stessi. Senza memoria, sono libera. Libera da me stessa.
Libera dai costumi.
Libera dagli usi.
Libera dalle abilità.
Libera dai volti
Libera dall'identità.
Libera dai ricordi. Libera.
La memoria è un macigno inappropriato e maleducato.
Riaffiora solo quando vuole, e quando vuole lei, guarda caso non è il momento. E' proprio femmina la memoria. Inappropriata e maleducata. Senza di lei sono finalmente libera di essere me.
Nell'oblio mi sento fottutamente libera.
C'è solo un nome che affiora inappropriatamente e maleducatamente. Forse è il mio.
Ma io non posso avere un nome maschile.
Solo un nome non mi abbandona mai, neanche nell'oblio.
Un nome maleducato ed inappropriato, come la memoria. Quel nome è un po' come una donna,
riaffiora quando vuole.
Ora sparisci.